pellicano

Le Pélican

Lorsque le pélican, lassé d'un long voyage,



Dans les brouillards du soir retourne à ses roseaux,



Ses petits affamés courent sur le rivage



En le voyant au loin s'abattre sur les eaux. ...



Alfred de Musset



presentazione



La poesia Le Pèlican mi è particolarmente cara in quanto mi riporta agli anni del liceo, e precisamente alle lezioni che un certo professor Pepitoni impartiva a noi studenti nel tentativo di farci aprezzare la lingua francese che lui amava particolarmente. Non capivamo allora la bellezza delle parole che sprigionavano dai versi di Alfred de Musset, ma certamente rimasero impressi, almeno in alcuni di noi, i modi in cui il professore descriveva il volo dei pellicani che tornavano a casa loro per dar da mangiare ai piccoli. Mimava con le braccia le ali degli uccelli in volo e i suoi toni diventavano carezzevoli e morbidi come se le parole fossero portate dal vento. Mi ha colpito questa sua grande espressività e capacità di insegnare l'arte tanto che quella poesia è stata una delle fonti ispiratrici del principale personaggio del mio primo romanzo che s'intitola appunto : "La guerra del pellicano", in cui il protagonista del libro, utilizza per i suoi scopi proprio i versi di questa poesia. Questo blog parlerà di libri, di poesia e di arte in genere cercando di rendersi utile pubblicando bandi di concorsi, presentazioni, recensioni, interviste, riunioni culturali e quant'altro attiene alla vita letteraria non solo isolana. Vi saranno perciò indirizzi, indicazioni, numeri di telefono e indirizzi telematici, nonché quelli di siti web che discutono di questi temi. Non potrà essere completo e nemmeno sistematico ma costituirà una presenza che, nel tempo, potrà essere preziosa come una antologia.
Paolo Maccioni
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sabato 1 ottobre 2011

Teatro a Guspini

ANCORA AUTUNNO D'AUTORE a Guspini.. appuntamento al Salone Murgia sabato 8 ottobre 2011 ore 21.00.... questa volta teatro in italiano.






adynaton
(plurale adynata) è una figura retorica il cui nome deriva dal greco δύνατον e significa "impossibile". Consiste nel subordinare la possibilità che si verifichi un fatto a un altro ritenuto impossibile.
La storia
Micheleddu è un giovane teppista buono, agile picchiatore, con un debole per le droghe. Attraverso gli occhi del fratello minore si racconta della sua breve vita e del suo ammazzamento. Il ritmo della disperazione sale fino a toccare l'ipotesi della vendetta. Tutto è intervallato da giostre di sogni in cui si cerca di fare cose impossibili: come raccogliere l'ombra del campanile.
Mauro Tetti
Bando di Concorso per l’attribuzione del Premio di Drammaturgia “Francesco Masala per i Giovani”
ATTRIBUZIONE PRIMO PREMIO
“Il candidato ha dimostrato sicurezza nell’intercettare una forma fonologica di tipo trenodico di antica memoria (il lamento del lutto), di cui riproduce i ritmi formulari. D’altra parte attinge ad una tradizione narrativo-rappresentativa della letteratura sarda e alla forza di altri codici, come quello cinematografico. Si rileva il tentativo, sul piano dell’elocuzione, di fornire al monologo un ritmo da prosa d’arte, che si avvale della ripetitività e del rilancio, e di trasferire in italiano le movenze della sintassi della lingua sarda.”
Note sullo spettacolo
È un monologo crudo, sporco, diretto. Ha dentro tutta la potenza e l’universalità di un grido e come tale le parole non chiedono il permesso di irrompere con la loro crudezza.
Gridano una storia come tante, ai margini della società, dove i protagonisti sono ragazzi anch’essi come tanti, gettati nella voragine tragica dell’ingiustizia, sommersi dall’incapacità di cercare un altro “modo” possibile.
La storia non stupisce, non è spettacolarizzata, non vuole insegnare o suggerire, vuole semmai essere, mostrarsi, anche se sotto la “luce finta” di un tempo teatrale.
Anzi, la forza di Adynaton sta proprio nella sua “innocenza“ teatrale: cercare nella finzione scenica il luogo di un possibile compianto, l’elaborazione di un lutto. Allora, metterne a nudo questa finzione, scarnificando la scena e l’apparato teatrale, significa ricondurre il gioco mimetico al suo più intimo campo di battaglia: il corpo dell’attore, con la sua verità “esposta”.
Questo in Adynaton si chiede allo spettatore: riconoscere nel timbro della voce, nel tendine del piede, nello sputo e nella contrazione muscolare del performer l’adynaton di un’impossibile commozione empatica.
Tutta l’opera mira a questo: condividere con il “giusto” attore un “giusto” percorso drammaturgico e costruire attorno al suo “giusto” corpo, una possibile immaginaria motivazione di “giustizia” estetica.

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